Ebbene sì, anche la mobilità elettrica è oggetto di obiezioni. E non sto parlando di quelle di coloro a cui piace il rombo del V8 o sono affezionati all’idea di poter sfrecciare a 250 all’ora sulle favolose autostrade tedesche prive di limiti di velocità.
Parlo delle obiezioni più “razionali” che ogni tanto mi vengono rivolte. Proviamo a vederle.
Ma siamo sicuri che si inquinerà di meno? In effetti l’energia elettrica da qualche parte deve essere prodotta, e questa produzione inquinerà.
Ragionamento impeccabile (riportato tra l’altro dal venerabile Financial Times in questo articolo) ma incompleto al punto di far sospettare che non sia in perfetta buona fede; ignora infatti ben due circostanze:
- il mondo non è fatto dalla sola Polonia (dove la maggior parte dell’energia elettrica è prodotta bruciando carbone) e sta progressivamente sostituendo i combustibili più inquinanti con quelli meno inquinanti: idroelettrico e nucleare (che ovviamente non possono essere installati su un autoveicolo) metano, per arrivare a vento e fotovoltaico di cui parleremo un po’ più avanti. Ad esempio la UE genera da fonti “pulite” il 27.5% dell’elettricità che consuma, e l’Italia – per una volta – è tra le migliori.
- le tecnologie di “scrubbing” che ripuliscono i fumi di scarico dagli inquinanti come NOx, CO2 e polveri sottili sono molto più efficaci su grandi impianti; inoltre, dato il loro elevato costo, questo può più facilmente essere ammortizzato su un grande impianto che non su un piccolissimo motore a scoppio.
Ce la farà la rete a sostenere il carico addizionale dei veicoli elettrici?
If the [electrical] vehicles reach an 80 per cent share by 2050, the EEA study found this would require an extra 150 gigawatts of electricity for charging.
dice lo stesso FT. Orbene, ci sarebbe da obiettare sul realismo della trasformazione in elettrico del’80% del parco circolante mondiale: per dare un’idea, siamo oggi a circa lo 0.15%, dunque dovremmo immaginare la conversione di circa un miliardo di veicoli in 34 anni, ovvero le vendite dovrebbero essere superiori a 30 milioni di veicoli elettrici all’anno per ciascuno di questi 34 anni. Come a dire che dall’anno prossimo la metà delle automobili vendute in tutto il mondo ogni anno diventa elettrica!
Ma proiezioni a parte, esaminiamo la potenza energetica necessaria: 150GW sembrano una enormità (confrontata ai 3KW che ciascuno di noi ha in casa) ma solo perché quasi nessuno è consapevole del fatto che la potenza installata nel mondo oggi (non nel 2050) è di oltre 15.000 GW; in altre parole, la potenza ulteriore che sarebbe necessaria per la mobilità elettrica da qui al 2050 è meno all’1% del totale.
Perché investire nella tecnologia attuale quando tra poco arriverà la carica ad induzione e le automobili si caricheranno mentre viaggiano sulle autostrade o quando si fermano ai semafori.
In fin dei conti, se posso caricare lo spazzolino da denti elettrico, posso caricare un’auto. Salvo che lo spazzolino elettrico ha una batteria la cui capacità è circa 70.000 volte minore di quella di un’auto. Salvo che vorrebbe dire ri-pavimentare tutte le strade di una città ed installarvi migliaia di costosi induttori. Salvo che non abbiamo idea se le strade così cablate resisterebbero al massacro quotidianamente inflitto loro dai mezzi pesanti. Salvo che la velocità di ricarica ad induzione è una frazione di quella dei caricatori elettrici più lenti oggi in commercio. Salvo che nessuno ha ancora studiato gli effetti sull’organismo umano di una tale massiccia quantità di onde elettromagnetiche ad elevata potenza (ricordate le discussioni sugli effetti dei telefonini?)
Insomma, la trasmissione wireless dell’energia (il grande sogno di Nikola Tesla) se pure è possibile, deve fare ancora moltissima strada.
Non vale la pena di puntare sulle auto elettriche, il futuro è l’idrogeno.
Questa obiezione è già più fondata: la tecnologia delle fuel cells è infatti abbastanza avanzata (anche se ancora lontana da una applicazione su larga scala) e l’idrogeno è – dopo la luce – l’elemento più abbondante nell’Universo. Il problema è di tipo chimico: l’ossidazione dell’idrogeno è infatti la reazione chimica più energetica che esiste in Natura (il che spiega l’abbondanza di acqua sul nostro pianeta) e il suo contrario, ad esempio per via elettrolitica, costa in questo momento più energia di quella che produce.
Resta comunque una tecnologia molto promettente: chiunque abbia visto il decollo di uno Space Shuttle l’ha già vista all’opera e ci si può aspettare che nel giro di qualche decina d’anni si avvicini ad una possibile applicazione industriale.
Certo l’idrogeno è difficile da trasportare, ma in fin dei conti tutti andiamo in giro già oggi con cinquanta litri di esplosivo nel baule delle nostre auto senza darci troppo pensiero…
L’unica auto elettrica che mi interesserebbe è una che generi dal fotovoltaico l’energia che consuma.
Anche questa obiezione è ragionevole, al punto che vetture sperimentali di questo tipo già esistono nei laboratori. Qui il problema è legato al fatto che la potenza necessaria per alimentare la batteria di una automobile è di almeno 3/4 KW, il che allo stato attuale richiede una superficie fotovoltaica di una ventina di metri quadri (il tipico sistema fotovoltaico per uso domestico). Sicuramente la ricerca sta aumentando la densità dei componenti, ma dovremo attendere un miglioramento di circa il 300% per scendere ai 5-6 mq che abbiamo a disposizione su una vettura.
E’ poi ovvio che la differenza rispetto alle attuali EV sta solo nel circuito di alimentazione, dato che la batteria resterebbe tale e quale (a meno di rassegnarsi a usare l’auto solo di giorno e quando c’è il sole…)
Ma non è forse vero che ormai la maggiore fonte di inquinamento di una automobile sono le sue ruote?
Questa osservazione è riferita in modo particolare al PM10, e gioca a sfavore delle EV perché più pesanti.
E’ un argomento che è stato ampiamente studiato, e le ricerche mostrano che il contributo al PM10 derivante dall’usura degli pneumatici non arriva al 10% del totale (mentre è ridottissimo il contributo al PM2,5), percentuale che ovviamente sale man mano che i motori diventano più puliti.
Più importante è il contributo (soprattutto al PM10) dell’usura dei freni, che in certe condizioni può superare il 20% del totale. Nel caso delle EV l’usura dei freni invece è minore, perché la frenata viene in buona parte realizzata recuperando l’energia.
- aumenta quello dovuto agli pneumatici (10% del totale)
- diminuisce quello dovuto ai freni (20% del totale)
- scompare quello dovuto alla combustione (70% del totale)