Batterie su ruote

E’ questo il nomignolo (vagamente dispregiativo) affibbiato alle vetture elettriche.

Da un punto di vista ingegneristico in effetti il calembour non è poi ingiustificato: un’auto elettrica preleva l’energia immagazzinata nella batteria per azionare uno o più motori elettrici. Non c’è da pompare il carburante dal serbatoio, nebulizzarlo, mescolarlo all’aria e farlo giungere nella camere di scoppio, non c’è da comprimere la miscela e accenderla. In effetti la camera di scoppio con i pistoni proprio non ci sono, come non c’è l’albero di trasmissione, la cinghia e, in alcuni casi, nemmeno il differenziale; non essendoci trasmissione, non c’è neppure il cambio.

Scocca, batteria, motore e ruote, e basta. Non c’è da meravigliarsi che una EV usi oltre il 90% della potenza del suo motore contro circa il 25% di una vettura a combustione interna.

Proviamo a cambiare angolazione: Tesla ha annunciato che nella sua Gigafactory costruirà il sistema di accumulo più grande del mondo (80MWh) a cosa servirà? Semplice: con tutti i suoi meriti, infatti, l’energia elettrica è assai difficile da immagazzinare e idealmente, andrebbe consumata immediatamente. Dunque la megabatteria che Elon Musk intende costruire servirà come serbatoio di accumulo da cui prelevare energia durante i picchi di consumo e dove immagazzinarla quando il consumo è minore.

Ora torniamo alla nostra batteria su ruote: immaginiamo un futuro non molto lontano ove ciascun EV in circolazione abbia una batteria da almeno 100KWh (si spera magari un po’ più piccola e leggera di quelle che ci sono adesso ad esempio sul modello di punta della Tesla, la P100D); immaginiamo che l’Italia sia diventata come la Norvegia, dove il 30% delle immatricolazioni è elettrico; di conseguenza sulle strade italiane circolano ormai almeno 1 milione di EV delle quali circa 100.000 si rifornisce ogni giorno sulla rete di Fast Chargers; ogni rifornimento dura come sappiamo circa mezz’ora, dunque nella giornata media (dalle 8 alle 20) sono disponibili circa 32 sessioni di ricarica per ciascuna colonna. Se tutte le 16 ore fossero ugualmente utilizzate, il fabbisogno giornaliero di ricariche richiederebbe oltre 3000 colonne, ma dato che un utilizzo così intensivo è improbabile nonostante i sistemi di prenotazione, dobbiamo immaginare una rete di almeno 7-8.000 punti.

Ecco che perciò la rete di ricarica (i cui punti permettono la circolazione di energia elettrica nei due sensi) realizza un vero e proprio sistema di storage la cui capacità istantanea dipende dal numero di punti occupati; e non finisce qui, perché quando non fanno il pieno alla pompa (elettrica) le EV lo fanno a casa, il che significa che di notte (quando minore è il consumo di energia e maggiore il bisogno di immagazzinamento) la capacità della nostra “batteria distribuita” aumenta enormemente, fino ad un massimo 100.000 MWh, ovvero 1250 volte più grande del sistema di storage di Tesla.

E noi che pensavamo che fosse solo questione di eliminare le targhe alterne…


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