L’idrogeno è una alternativa?

Hanno suscitato molta discussione i commenti di Elon Musk secondo cui “l’idrogeno è una alternativa stupida”.

Il dubbio è che ovviamente il fondatore di Tesla stia parlando pro domo sua, ma proviamo ad esaminare come funziona il ciclo dell’idrogeno.

L’idrogeno, come tutti gli elementi esistenti nell’Universo, non è altro che un grumo di energia condensata: come ci ha spiegato Einstein fino dagli anni ’30, materia ed energia sono infatti la stessa cosa, ma in due stati diversi l’uno dall’altro.

Dunque tutti gli elementi chimici (e dunque anche l’idrogeno) SONO energia: il problema è come renderla utilizzabile.

Ebbene, vi sono tre modi, che conosciamo tutti abbastanza bene:

  1. la fissione nucleare, ovvero la divisione dell’atomo in due atomi più piccoli liberando energia (ovviamente questo metodo non si può applicare all’idrogeno, che è già l’atomo più piccolo che esista). È il principio sul quale si basano le bombe atomiche sganciate nella Seconda Guerra Mondiale
  2. la fusione nucleare, ovvero la combinazione di due atomi per formarne uno di maggiore massa (che invece si applica principalmente agli atomi molto leggeri, come appunto l’idrogeno. È il principio che alimenta il nostro Sole e quasi tutte le stelle dell’Universo (e le bombe H, ahimé).
  3. le reazioni chimiche, alcune delle quali sono “esotermiche” ovvero liberano energia, di solito sotto forma di calore. La più esotermica delle reazioni chimiche esistenti in Natura è l’ossidazione dell’idrogeno, che produce l’acqua che ricopre i due terzi del nostro pianeta.

La fissione è ampiamente usata per generare forza motrice, ma le dimensioni del “motore” e dei suoi rivestimenti protettivi fanno sì che gli unici utilizzi pratici siano i sottomarini e le portaerei; non si può escludere che la tecnologia riesca a ridurre dimensioni e peso, ma allo stato attuale sembra improbabile che si riesca a scendere sotto gli attuali 500kg di un reattore nucleare compatto.

La fusione invece per ora non è ancora usata per questo scopo, soprattutto perché non si è trovato ancora il modo di contenere il plasma ad altissima temperatura che si forma: l’unica eccezione è il reattore domestico Mr. Fusion usato da Doc Brown sulla DeLorean di “Ritorno al Futuro” che però non ci risulta essere ancora commercialmente disponibile.

La reazione chimica l’hanno vista al lavoro tutti quelli che hanno visto decollare uno Space Shuttle, visto che è quella che alimenta i motori principali della navetta spaziale. In effetti, si tratta di una reazione estremamente scalabile verso il basso e può senza problemi essere adattata all’uso automobilistico, nelle cosiddette “celle a combustibile”.

Dunque il ciclo dell’idrogeno è schematizzabile così:

  1. produrre idrogeno molecolare (nonostante sia l’elemento più abbondante dopo la luce nell’Universo, sulla Terra l’idrogeno allo stato libero NON ESISTE)
  2. comprimerlo fino a liquefarlo
  3. distribuirlo (come si fa con la benzina)
  4. immagazzinarlo in un serbatoio sull’auto
  5. bruciarlo combinandolo con l’ossigeno e, dalla sua combustione, ricavare energia elettrica
  6. alimentare il motore dell’auto

Mentre il ciclo dell’energia elettrica è:

  1. produrre energia elettrica
  2. distribuirla
  3. immagazzinarla in un serbatoio (batteria)
  4. alimentare il motore dell’auto

Dato che ogni passaggio ha un rendimento inferiore all’unità, è abbastanza inevitabile che il rendimento del primo ciclo sia inferiore a quello del secondo, complicato dal fatto che la produzione di idrogeno molecolare allo stato attuale costa più energia di quella che rende.

Dunque, bisogna abbandonare l’idrogeno?

Non dimentichiamo mai che l’idrogeno molecolare costituisce oltre il 70% della massa dell’Universo visibile (escluse cioè materia oscura ed energia oscura) dunque, chissà, in un futuro potrebbe diventare facile ed economico “raccogliere” idrogeno dagli spazi interstellari.

Per ora…


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