La decisione di riaprire le attività può sembrare solo politica o sanitaria, ma ha anche aspetti organizzativi alquanto complessi e le aziende si stanno interrogando su “come” farla in modo efficace.
Quale è il feedback dopo due mesi di smart-working forzato? Come è andata la produttività? Come è cambiato il bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata?
Sembra emergere una realtà ove la “presenza” diventerà qualcosa di diverso da quello che conoscevamo prima almeno nel breve e medio termine.
Ed insieme al concetto di “luogo” cambierà forse anche il concetto di “movimento” cioè la modalità con cui ci si sposterà, dato che la complementarietà tra trasporto privato e trasporto pubblico subirà forti alterazioni per le ovvie limitazioni imposte dalla necessità di distanziamento e, di conseguenza, di capacità messa a disposizione dal sistema pubblico.
E perciò, come reagiranno gli Amministratori dei grandi centri urbani che si vedranno “assalire” da una quota di spostamento con mezzi individuali molto più alta di prima? Qui le dimensioni di cui tener conto sono almeno due: gli SPAZI, cioè traffico e parcheggi, due grandezze caratterizzate da una scarsissima elasticità, e la QUALITÀ DELL’ARIA, perché è vero che il legame tra diffusione del virus ed inquinamento è tutt’altro che provato scientificamente, ma resta il fatto che abbiamo tutti toccato con mano aria e acqua più pulite e non vorremmo rinunciarvi.
Certo, la spinta verso una deregolamentazione in nome della salvezza dell’economia sono già percepibili e diventeranno sempre più forti: la speranza che la pandemia porti una specie di “Liberi tutti !” nella lotta contro il riscaldamento globale ci farà trovare sui giornali improbabili studi che affermano che i diesel di nuova generazione non inquinano, anzi, addirittura fanno bene alla salute (studiosi e giornalisti compiacenti certo non mancano) ma ormai la scienza ha parlato e per ogni studio farlocco ce ne sono dieci seri che dicono il contrario.
Dunque meno spostamenti per compensare almeno in parte la drastica riduzione di capacità del trasporto pubblico; ma se questo si riduce del 75% e le imprese riuscissero a diffondere lo smart-working nel 50% della propria forza lavoro, resta il rischio che il traffico urbano raddoppi e dunque la necessità che quell’inevitabile aumento sia accompagnato da una proporzionale diminuzione delle emissioni.
L’ultimo punto su cui interrogarsi è perciò quale possa essere l’effetto del combinato disposto di questi sviluppi sui piani di elettrificazione della flotte aziendali. Chi non lo ha ancora fatto, inizierà il processo di trasformazione in elettrico? Chi ha già iniziato lo accelererà?
Ne parleremo su GreenPlanner il 12 maggio insieme a:
- Piergiorgio Di Crescenzo (Intesa Sanpaolo)
- Tiziano Fasolini (Nestlé)
- Dario Frigerio (Det Norske Veritas)
- Luciano Molé (Avnet)