Uno dei punti chiave dei fautori del “Carbon Capture” (cioè l’intercettazione e stoccaggio della CO2 nel momento della sua produzione) è che si tratta di una materia prima di valore.
La tesi è che potremo veramente liberarci del fantasma della CO2 solo trovando il modo di utilizzarla.
In effetti, nel mondo oggi si usano circa 230Mton (milioni di tonnellate) di CO2: la maggioranza (130Mton) viene trasformata in fertilizzanti, una piccola parte (30Mton) in utilizzi vari mentre ben 70Mton vengono impiegate per la cosiddetta EOR – Enhanced Oil Recovery: in parole povere, si pompa CO2 in un giacimento di petrolio ormai esausto per poterlo estrarre.
Certo, è una goccia nel mare rispetto alle 13.000 Mton di emissioni derivanti dal petrolio, ma è pur sempre qualcosa.
Michael Barnard sottolinea l’ironia di pompare una tonnellata di CO2 nel sottosuolo per estrarne poco più di 4 barili di petrolio che, una volta estratti ed usati, produrranno 1,7 tonnellate di CO2 ma lasciamo per un attimo da parte questa pur validissima osservazione.
Come si vede dal grafico sopra riportato, la produzione di petrolio nel giacimento di Weyburn-Midale in Canada ha attraversato varie fasi: alla prima, che ha avuto il suo picco nel ’65 con 45,000 barili al giorno durante la quale il petrolio veniva estratto grazie alla pressione intrinseca e. successivamente, all’iniezione di acqua, ne sono seguite diverse altre con varie tecnologie fino a che all’inizio del millennio si è iniziato ad usare CO2, riportando la produzione del giacimento intorno ai 27.000 barili al giorno.
Dunque funziona ma… quanto costa? Come abbiamo già visto la produttività del processo è bassa: 1 tonnellata di CO2 permette di estrarre 3/4 barili di petrolio, dunque anche il prezzo corrente della CO2 da sequestro (oggi intorno ai 50 euro per tonnellata) aggiungerebbe un carico insostenibile ai prezzi del petrolio (al momento in cui scriviamo, circa 67 dollari al barile).
Dunque perché questo metodo sia economicamente sostenibile l’anidride carbonica deve costare poco, pochissimo e l’unico modo perché costi così poco è che la differenza ce la metta qualche Governo di buona volontà, e infatti non c’è voluto molto per trovarlo: il Congresso del Presidente Trump nel 2018 ha modificato il credito di imposta 45Q, elevando gli importi maturati (fino a $35-$50 / tonnellata) da chi cattura e interra CO2 ma soprattutto, cancellandone il massimale. Presentato come una misura a favore dell’ambiente in realtà essa non fa che rendere economicamente sostenibile l’estrazione di petrolio EOR.
Il vero quesito dunque è questo: la carbon tax imposta dall’Europa indirettamente sotto forma dell’Emission Trading System servirà a ben poco se un altro governo semplicemente la pagherà per consentire ai suoi petrolieri di continuare ad estrarre petrolio ai prezzi attuali: riuscirà la UE a far pressione sul Presidente Biden perché corregga la terribile stortura introdotta nel 45Q tax credit?