Quando discuto della transizione alla Mobilità Elettrica, spesso chi ho di fronte è preoccupato per la scarsità o l’impatto ambientale dell’attività estrattiva del Litio.
Mentre infatti la ricerca ha già trovato ed immesso sul mercato chimiche che fanno a meno dell’ancor più controverso Cobalto, il Litio sembra ancora essere la colonna portante di tutte le formulazioni chimiche usate nelle batterie presenti e anche future prossime.
Dove si usa il litio?
La corrente elettrica non è altro che un flusso di elettroni: quando la batteria viene caricata essi vengono pompati sul composto chimico che riveste il catodo (di solito un ossido dove il Litio è presente insieme a Cobalto, Manganese o altri elementi), il Litio ridiventa un atomo elettricamente neutro sciogliendosi dal legame e, nuotando nell’elettrolita, si sposta verso il reticolo cristallino di grafite che riveste l’anodo.
Durante la scarica invece, il processo si inverte: gli elettroni vengono “rubati” agli atomi di Litio per farli fluire nel conduttore, ad esempio per muovere il motore elettrico; gli atomi di Litio diventano ioni positivi e ritornano verso il catodo per riformare l’ossido da cui erano partiti.

Ma quanto ne serve? Rispondere a questa domanda non è affatto facile; lo ha fatto, in modo assai autorevole, Paul Martin in questo articolo (ve lo linko per chi avesse voglia di ripassare chimica, ma attenzione che Paul non si preoccupa troppo di risultare comprensibile alle masse popolari…); per chi ha fretta o non è anglofono, invece, riporto la conclusione di Martin: ogni kWh di batteria ha bisogno di circa 160g di Litio metallico (o, se preferite, 850g di carbonato di litio).
Un’auto con 60kWh dunque ne richiede circa 10kg e, se fossero tutte elettriche, i 78 milioni di vetture vendute ogni anno nel mondo ne richiederebbero 780.000 tonnellate.
Sono tanti? sono pochi?
Beh, 780.000 tonnellate sono quasi 10 volte la produzione del 2020 (82.000 tonnellate) il che consente alle Cassandre di agitare lo spettro di un mercato strozzato dagli astuti cinesi che si sono accaparrati le concessioni di sfruttamento in Australia e Sud-America, aree geografiche da dove, come ci dice Wikipedia, proviene attualmente la maggior parte del più leggero tra i metalli.

Questa lettura però è completamente priva di significato: gli operatori minerari infatti estraggono un certo minerale soltanto nella misura in cui… prevedono che qualcuno lo compri, altrimenti si troverebbero con uno stock che nessuno vuole, col risultato che il prezzo crollerebbe.
E in effetti, prima che si cominciasse a ragionare di Mobilità Elettrica del Litio francamente non sapevamo che farcene perché salvo che nelle batterie e nei farmaci, non è che abbia tutte queste applicazioni. Al crescere della domanda, cresceranno le estrazioni, tant’è vero che la Banca Mondiale stima che entro il 2050 la sua produzione crescerà del 500%.
Oggi il Litio si estrae principalmente facendo evaporare le salamoie naturali sottostanti i grandi laghi salati, ma vi sono almeno un paio di innovazioni in questo campo su cui mi soffermerò nell’ultimo paragrafo.
Prima di farlo però, rassicuriamo il lettore: di Litio sulla Terra ce n’è in abbondanza: la crosta terrestre ne contiene circa 20ppm, il che lo pone al 33° posto tra gli elementi più diffusi sul nostro pianeta. Per fare un paragone è 8 volte più comune dell’Uranio o dello Stagno, 20 volte più di Tungsteno o Molibdeno, 5000 volte più abbondante dell’Oro o del Platino.
Per dare una cifra assoluta, la crosta terrestre, che ha una massa di circa 2,77 x 1019 tonnellate, ne contiene circa 5,5 x 1013 tonnellate o, se preferite, abbastanza per oltre 5 milioni di miliardi di automobili!
Tecniche estrattive: DLE
Torniamo dunque alle tecniche estrattive, per capire come potremo tirar fuori tutto questo ben di Dio a costi ragionevoli e per prima cosa torniamo alle salamoie. Una salamoia è una soluzione sub-satura di sali minerali disciolti in acqua: se l’acqua dolce contiene circa 0,5g di sale per litro e l’acqua marina ne contiene 35, si parla di salamoia (in inglese “brine”) dai 150/200g in su fino al limite di saturazione che è di circa 360g per litro.

Nelle salamoie naturali i sali disciolti non sono solo cloruro di sodio, ma anche sali ricchi di altri minerali, tra cui ad esempio Litio e Bromo: in effetti, le salamoie naturali possono arrivare a contenere fino a 4g di Litio per litro, mentre l’acqua di mare (di cui parleremo tra un istante) ne contiene solo 0,17mg/L.
Il vantaggio principale di questi depositi è che ce ne sono in moltissime parti del mondo: ad esempio negli Stati Uniti nella falda acquifera di Smackover in Arkansas (dalla quale la tedesca Lanxess estrae il Bromo) è già in funzione un impianto di DLE (Direct Lithium Extraction) della Standard Lithium: in pratica la salamoia estratta dalla falda, oltre a produrre Bromo, produce anche Litio prima di essere re-iniettata nel terreno.
Quest’ultimo è un importante punto a favore di questa tecnica: l’acqua delle salamoie infatti è del tutto inadatta ai consumi antropocentrici (non può essere bevuta da uomini o animali, né può essere usata per l’irrigazione) ma può avere un importante ruolo idrostatico e una sua estrazione indiscriminata potrebbe causare lo spostamento di falde d’acqua dolce adiacenti causando danni enormi.
Di falde sfruttabili a questo scopo ce ne sono moltissime, ad esempio quella recentemente scoperta sotto la valle del Reno, il che porta Alex Grant, un analista di Jade Cove Partners a ritenere che altri operatori nell’industria mineraria siano pronti a buttarsi nella mischia.
Tecniche estrattive: membrane LLTO
Ma per quanto siano comuni le formazioni di salamoie naturali, l’acqua di mare lo è ancora di più. Bisogna sottolineare a questo punto che mentre il processo DLE è in via di industrializzazione, qui stiamo parlando di un progetto di ricerca.
Come abbiamo visto, anche l’acqua di mare contiene Litio: in concentrazione molto bassa, è vero, ma l’acqua di mare è così tanta che alla fine la maggior parte del litio è proprio disciolta in mare!
Zhen Li, un ricercatore post-dottorato della King Abdullah University of Science and Technology ha sviluppato un processo sperimentale in cui l’acqua marina viene processata in quattro fasi successive di arricchimento ottenendo 1 kilogrammo di Litio con un costo energetico di soli $5.
Naturalmente bisognerà vedere se il processo conferma queste promesse mirabolanti ed in particolare le prestazioni della speciale membrana agli ossidi di litio, titanio e lantanio che è un po’ il cuore del processo, ma è sicuramente uno sviluppo da tener d’occhio.
Concludendo…
Quando stavo per laurearmi, negli anni ’80, eravamo in pieno shock petrolifero, e i giornali agitavano lo spettro del petrolio che “si sarebbe esaurito entro la fine del millennio”. Quarant’anni dopo, le riserve conosciute di petrolio sono maggiori di quelle che c’erano allora ma forse abbiamo capito che dovremo smettere di bruciarlo ben prima di esaurirlo.
Più in generale, fare previsioni sulla disponibilità di una qualsiasi materia prima sulla base della produzione attuale è una solenne sciocchezza, talmente grossolana da far sospettare malafede in chi la commette.
Una risposta a "Le prospettive minerarie del Litio"