L’idrogeno, Freddy Krueger dell’energia!

È di questi giorni la notizia che il Governo italiano intende “puntare” sull’idrogeno per decarbonizzare la nostra economia. Non è un’idea così nuova, ed in effetti l’annuncio del Presidente del Consiglio è in continuità con la firma, giusto un anno fa della Hydrogen Initiative.

Si tratta di una iniziativa che ha ricevuto il plauso dell’industria, in particolare della SNAM, come dice il suo AD Alverà.

Non vi sono dubbi sul fatto che l’idrogeno abbia la potenzialità per rappresentare una delle soluzioni al problema dello stoccaggio di energia da rinnovabili: queste infatti hanno il difetto di dipendere quasi completamente da fattori naturali (vento, sole, moto ondoso) e non possono essere accese o spente a piacere. Dunque succede che si genera energia ma non nel momento in cui serve: o la si butta via o va stoccata.

Tradizionalmente in Italia e nel mondo questo stoccaggio si fa con l’idroelettrico: l’energia in eccesso viene usata per pompare acqua in un bacino a monte, da cui la si può far scendere quando ce n’è bisogno. Purtroppo la capacità di questi bacini non è infinita e costruire nuove dighe non è privo di problemi. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti elenca 542 dighe in Italia, in gran parte (ma non solo) costruite a scopo idroelettrico, realizzate in massima parte tra la fine dell’Ottocento e gli anni Sessanta; sembrano tantissime, ma negli Stati Uniti ce ne sono 160 volte tante in un’area che è solo 35 volte l’Italia.

Sta di fatto che le grandi dighe sono in fase di dismissione in tutto il mondo per gli elevati costi di manutenzione e realizzazione e per gli impatti ambientali sul clima locale.

Dunque perché l’idrogeno? Innanzitutto è abbondantissimo (costituisce il 74% dell’Universo) ed è facilmente comprimibile. I suoi problemi sono legati al fatto che è esplosivo ed in generale è estremamente reattivo chimicamente: la sua ossidazione è la reazione più eso-energetica che si conosca in natura e, dunque la più probabile, al punto che TUTTO l’idrogeno che c’era sulla Terra si è ossidato da milioni di anni diventando acqua.

Tirarlo fuori da quel pozzo di potenziale chimico costa tantissima energia, ma esistono altri metodi, il che spiega forse l’interesse di alcune imprese verso questa particolare forma di energia alternativa.

Leggiamo infatti dalla pagina di Wikipedia:

[…] circa il 97% dell’idrogeno prodotto è ottenuto dai combustibili fossili, mentre soltanto un 3% si ottiene tramite l’elettrolisi dell’acqua. Questo processo, sfruttando combustibili fossili, porta all’emissione di elevate quantità di CO2, le quali finiscono per aumentare il bilancio termico della terra e l’effetto serra [….]

https://it.wikipedia.org/wiki/Produzione_di_idrogeno

Certo, la CO2 liberata nel processo può essere “sequestrata” ma anche questo è un processo non privo di imperfezioni: se fosse così semplice, infatti, verrebbe applicata anche agli impianti esistenti.

Insomma, viene il dubbio che la voglia di idrogeno non sia altro che il desiderio di trovare un altro uso per il metano che piano piano verrà soppiantato da FER.

Speriamo che si riesca a prenderlo in considerazione solo per il ruolo che gli è proprio: stoccaggio da elettrolisi e non generazione da metano, processo nel quale si genera CO2 estraendo il metano, ancora più CO2 craccandolo, e vapore acqueo (il peggiore dei gas serra) bruciandolo.


Post Scriptum Gianni Silvestrini (coordinatore scientifico del Kyoto Club) pubblica oggi sulle pagine di Quale Energia una interessante disamina dello scenario più ampio sul tema idrogeno. Da leggere!

Post-post scriptum: che c’entra Freddy Krueger? Quando credevate che fosse morto….


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