Autostrade cablate: una utopia?

Periodicamente viene ri-circolata la notizia di questo o quel Paese (di solito nordico) che starebbe per avviare la costruzione di strade “cablate” che permettano la ricarica in movimento.

Le soluzioni prese in considerazione da queste sperimentazioni sono di solito quattro:

  1. l’alimentazione filare (non ricarica), nella quale il mezzo resta in contatto tramite un pantografo superiore o inferiore con la linea elettrica, come avviene per tram, treni, filobus e metro.
  2. la ricarica alla fermata, nella quale il pantografo cala sul mezzo quando si arresta alla fermata per far salire e scendere i passeggeri, e gli somministra l’energia necessaria per arrivare alla fermata successiva.
  3. l’alimentazione ad induzione continua, nella quale il pantografo fisico viene sostituito da un pantografo elettromagnetico e l’energia elettrica viene trasferita non per contatto ma per induzione.
  4. la ricarica ad induzione discontinua, ove il processo di trasferimento dell’energia elettrica avviene solo mentre il mezzo attraversa “aree attive” poste ad intervalli regolari e l’energia, immagazzinata su una batteria a bordo del mezzo, gli consente di raggiungere la stazione successiva.

La soluzione 1 è collaudatissima ed in uso da oltre un secolo, ma ha lo svantaggio di richiedere, oltre alla cablatura delle tratte autostradali usate per il trasporto merci anche un rigido controllo del traffico che a sua volta richiede corsie ad uso esclusivo (non per nulla i treni e i tram viaggiano su binari dove non passa altro). In pratica bisognerebbe costruire un’autostrada dedicata, separata da quella usata dai consumatori. Per questa soluzione (come per la #3) una eventuale piccola batteria di bordo avrebbe lo scopo di permettere manovre o sorpassi scollegandosi momentaneamente dalla linea.

eHighway – Solutions for electrified road freight transport | Press |  Company | Siemens

La soluzione 2 (chiamata anche “flash-charging”) richiede una grandissima rapidità nel trasferimento dell’EE, cosa che potrebbe essere ottenuta utilizzando ad es. dei supercondensatori; data la breve distanza tra una fermata e l’altra, la batteria di bordo potrebbe essere di capacità sufficientemente piccola (e perciò leggera) da non incidere su costo del mezzo e sulla sua portata, Richiede però fermate frequenti e perciò può essere presa in considerazione solo per il trasporto pubblico urbano; la cablatura delle fermate (che già esistono) rappresenterebbe un costo, ma la potenza potrebbe essere contenuta, dato che il supercondensatore potrebbe caricarsi a potenza assai minore di quella di erogazione nel tempo che intercorre tra due passaggi.

La soluzione 3 è anch’essa basata su una tecnologia che non è particolarmente nuova: l’idea si deve addirittura a Nikola Tesla che però non riuscì mai a metterla in pratica; in effetti fu necessario attendere il 2006 per rendere possibile caricare senza fili il proprio spazzolino da denti elettrico o, più recentemente, lo smartphone. A parte superare gli attuali limiti di potenza (2,5kW) si tratta perciò di una tecnologia collaudata, ma applicarla ad una strada darebbe luogo a problemi ovvi: oltre al costo di installazione iniziale che sarebbe un multiplo di quello già elevato di una autostrada, la manutenzione scrupolosa che sarebbe necessaria per mantenerla in perfetta efficienza senza contare che comunque l’intera autostrada dovrebbe essere alimentata a potenze sufficienti; se infatti un’auto consuma circa 170 Wh per percorrere un km in 30 secondi, quello stesso km dovrebbe essere in grado di erogare l’energia sufficiente per alimentare le, diciamo, 100 vetture che vi stanno transitando, il che si traduce in una potenza di circa 170*100*(3600/30) = 2MW da arrotondare a 3MW o forse più per tener conto del fatto che l’efficienza complessiva dei sistemi ad induzione non arriva all’80% per distanze tra gli avvolgimenti misurabili in pochissimi millimetri, mentre in questa applicazione sarebbero almeno 300-400 volte maggiori.

Senza contare (ma questo forse sarebbe un vantaggio) che la vettura n° 101 che cercasse di entrare nello stesso kilometro non potrebbe farlo se non a prezzo di ridurre la potenza (e dunque la velocità) di tutte le altre 100 vetture presenti sul tratto.

È evidente che i costi di questa soluzione sarebbero stratosferici, il che spiega perché qualcuno propone la soluzione #4, in sostanza un sistema “ibrido” tra #2 e #3: i tratti attivi della strada caricano la batteria che consente di raggiungere il tratto attivo successivo.

Immaginiamo perciò che il nostro camion abbia a bordo una batteria da 100kWh che gli consenta una autonomia a pieno carico di circa 115km e che il tratto attivo sia lungo 1km, distanza che il nostro camion percorre in 40 secondi; questo significa che il tratto attivo deve essere in grado di erogare i 100 kWh nei 40 secondi del transito, il che implica una potenza di 9MW (o per meglio dire 11, tenendo conto dell’inefficienza della ricarica ad induzione). Questa potenza potrebbe essere dimezzata dimezzando la batteria, ma i tratti attivi dovrebbero essere alla metà della distanza.

Infine questo valore dovrebbe essere moltiplicato per il numero di camion contemporaneamente presenti nel tratto attivo, dato che CIASCUNO ha bisogno di quella potenza per ricaricare la propria batteria.


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