Ci credo alla Apple Car?

Sono almeno un paio d’anni che uno spettro si aggira per il mondo, il classico “rumor which refuses to die”: sta arrivando la Apple Car!

Relegato per mesi sulle pagine di oscuri blog e magazine online per appassionati, oggi emerge nientepopodimenoché sulle pagine salmonate del Sole 24 Ore:

Ma perché mai Apple dovrebbe fare una cosa del genere? Beh, per essere sinceri, qualche ragione, e non proprio banale, ci sarebbe:

  • Apple ha una montagna di soldi (oltre 90 miliardi di dollari al 30 settembre 2020; per dare un’idea, General Motors vale in Borsa 41 miliardi, FCA meno di 15)
  • Apple è una delle uniche tre aziende al mondo che sa scrivere sistemi operativi (le altre due le lasciamo indovinare al lettore)
  • Con la transizione all’Automobile Digitale, un sistema operativo sarà indispensabile e NESSUNA azienda automotive (con l’eccezione di Tesla) ha la benché minima idea di come fare per scriverlo né probabilmente le risorse per farlo (con la possibile eccezione di Volkswagen e Toyota).

Chi scrive ha in gioventù una volta incontrato Steve Jobs, nel corso di una riunione durante la quale disse una cosa che, lavorando anch’io in una società di software allora mi sembrò ovvia, ma che non mi sono mai più dimenticato:

All that matters is software

[Il software è l’unica cosa che conta]

E in effetti è proprio il software che ha permesso a Apple di eccellere nei campi più disparati in cui si è è via via avventurata (telefoni, orologi, tablet…) al punto che nel 2007 rimosse la parola “Computer” dalla sua ragione sociale.

Sono assolutamente convinto che Apple potrebbe scrivere un ottimo Car Operating System, ma potrebbe produrre una Apple Car?

Tutti i prodotti che sono venuti dopo il Macintosh avevano il vantaggio di una struttura manifatturiera fortemente terziarizzata e ben consolidata (cosa che nel frattempo è diventata vera anche per moltissimi computer, compresi gli ora abbreviati Mac).

Esistevano cioè delle gigantesche fabbricone che producevano l’hardware per qualsiasi committente, così come avviene per molti elettrodomestici: un esempio che vale per tutti è quello del colosso cinese Foxconn che, per l’appunto, produce gli iPhone.

Questo invece non è vero per il settore Automotive: il cuore pulsante di ogni brand e gruppo sono infatti le sue fabbriche, al punto che qualche volta usiamo “Wolfsburg” al posto di “Volkswagen” e “Mirafiori” al posto di “FCA”.

La terziarizzazione dell’assemblaggio finale NON È una best practice diffusa anche perché un’automobile è un oggetto che pesa due tonnellate e non due etti come un telefonino e trasportarlo costa parecchi soldi: la logistica incide pesantemente sulla struttura di una supply chain molto articolata e complessa: riorganizzare una linea di produzione è un affare di miliardi che coinvolge macchinari e fornitori di eccellenza tra i quali – perché non ricordarlo – figurano molte aziende italiane come la IDRA che produce la gigapressa, un “utensile” da 480 tonnellate che stampa molte parti dei modelli della casa di Fremont (visto ?).

Certo, ad Apple non mancano i soldi, come abbiamo visto, ma forse sarebbe più promettente una strategia di collaborazione con uno o più brand consolidati in vista dell’Auto Digitale: insomma, convintisi dell’impossibilità di gestire un progetto software di così grande complessità, un gruppo automobilistico potrebbe decidere di prendere in licenza l’Apple CarOS per i propri prodotti.

E forse, stante le altrettanto formidabili difficoltà nel creare da zero una manifattura automobilistica, riuscirebbe a negoziare condizioni meno punitive di quelle sotto le quali boccheggiano i produttori di hardware di computer e telefonini…


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