Divorzio?

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Le indiscrezioni sono diventate sempre più insistenti – insomma tanto tuonò che alla fine piovve e nella legge di Bilancio 2022 non ci sono incentivi per le auto elettriche; i media puntano il dito sul Ministro Giorgetti e chi sa che abbiano ragione.

Chi scrive si è SEMPRE espresso contro ogni forma di incentivo: in teoria cosa buona, che aiuta l’adozione della nuova tecnologia, in pratica terreno di scontro tra lobbisti alla ricerca del modo di distorcere il mercato a favore degli stakeholder che rappresentano.

In più, l’auto elettrica si trova in una condizione di mercato strozzato dalla domanda, perché riconvertire le linee produttive dal termico all’elettrico non è un “semplice” retooling per produrre un nuovo modello, ma richiede di ripensare tutta la supply chain e dunque richiede tanti soldi, ma soprattutto tanto tempo.

Tra nemmeno una settimana metterò nero su bianco la mia previsione delle immatricolazioni 2022, basate sull’andamento della curva sigmoide seguita fin qui, e non credo che l’assenza (o la presenza) di incentivi richiederà significativi adattamenti (quando pubblicherò la previsione la troverete qui).

Il 2022, anno di svolta

Dunque business as usual come dicono gli anglofoni? Non proprio.

Il settore Automotive ha vissuto tutta la sua esistenza in rapporto simbiotico con il settore Oil & Gas: l’uno supportava l’altro, ma l’uno giustificava l’esistenza dell’altro: i 50 miliardi l’anno che si spendono ogni anno in Italia per comprare (e finanziare l’acquisto) le automobili si riflettevano, identici, nei 53 miliardi all’anno che si spendevano nei carburanti, con lo Stato a fare da “terzo socio”.

Ciò che era buono per l’uno, era buono anche per l’altro, inestricabilmente.

E gli asset politici dell’uno (l’enormità di posti di lavoro creati) si sposavano bene con la inaudita capacità lobbistica e comunicativa dell’altro, capace di far digerire all’opinione pubblica persino le guerre.

Con l’elettrificazione però, le due strade cominciano a divergere: i magnifici e progressivi destini dell’auto non comportano più come conseguenza ineluttabile magnifici e progressivi destini anche per il petrolio. Anzi, in questa coppia scoppiata si intrufolano a mo’ di cuneo terzi incomodi piuttosto ingombranti:

  • il clima, che manda al pianeta intero un perentorio avviso di sfratto se non la smettiamo di usare atmosfera ed oceani come fossero pattumiere gratuite ed illimitate;
  • l’imbarazzante inefficienza del motore a scoppio, che butta letteralmente via oltre il 70% dell’energia con cui viene alimentato;
  • la barocca complicazione di un sistema meccanico che, come successe alla macchina per scrivere negli anni ’60, non può reggere il confronto per facilità di manifattura e d’uso e affidabilità con il suo omologo elettrico;
  • la collettivizzazione dei trasporti che frena la tendenza ad avere un’auto per famiglia, poi due, poi tre trasformando la bella Italia in un parcheggio che ospita il 20% di auto in più della Francia nonostante il 10% di popolazione e il 45% di superficie in meno;
  • all’orizzonte, infine, la digitalizzazione dell’auto che porta inevitabilmente il settore a gravitare verso i colossi del digitale.

Dunque messo con le spalle al muro, il settore che conduce il ballo ha votato (come si suol dire) col portafoglio: soldi sull’idrogeno e non sull’auto elettrica.

Che succede al mercato?

L’ho già detto, secondo me un bel niente. Il trend dell’elettrificazione non nasce certo in Italia e le decisioni nel nostro paese dove circola poco più del 2% del parco mondiale non avranno la benché minima influenza su di esso.

I consumatori compreranno più o meno le auto elettriche che avrebbero acquistato o, per meglio dire, quelle che le Case riusciranno a produrre, ma queste ultime non potranno contare sull’aiuto dello Stato come è successo nel 2021, quando in corrispondenza degli incentivi gli sconti praticamente si sono azzerati.

Qualcosa però ormai è cambiato, e la frattura forse si vede in Italia meglio che nel resto del mondo: il matrimonio tra Automotive e Oil&Gas è finito, probabilmente in modo irreversibile.

Resta da capire se gli succederà un legame con il settore elettrico (che però essendo stato fino a poco tempo fa poco avvezzo alle bassezze del mercato, forse non offre le garanzie di robusta rappresentatività di cui l’Automotive ha vitale necessità) o con quello digitale, più ricco e smaliziato.

Nel primo caso c’è il rischio di mettere insieme due tacchini per non fare un’aquila, nel secondo c’è il rischio di essere divorati vivi.

Tempi interessanti….


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