Perché sono contrario agli incentivi sui caricatori

Può sembrare una follia o un’affermazione fatta “pour épater les bourgeois” ma non è così: quando mi chiedono cosa ne penso degli incentivi governativi alle infrastrutture di ricarica, io rispondo che… sarebbe meglio applicarli alle auto !

Come sarebbe a dire? Continuiamo a ripetere che la Mobilità Elettrica ha bisogno di infrastrutture di ricarica per decollare e OneWedge non vuole un aiuto dallo Stato?

La motivazione è semplice: la catena del valore di un’automobile si compone sostanzialmente di due blocchi: l’acquisto e l’esercizio. Accettando le inevitabili approssimazioni (*) , possiamo dire che in una vettura termica i due blocchi hanno più o meno lo stesso peso: il TCO infatti è per il 45% dovuto all’acquisto (barre azzurre) e per il 55% dovuto all’esercizio (barre rosse); nella vettura elettrica invece, i costi sono enormemente sbilanciati, e l’acquisto rappresenta circa il 90% del TCO del mezzo. incentivi no.png

Come dunque sottolineato dall’infografica (ove ogni barretta vale 1000 euro e ciascuna riga rappresenta il TCO su 5 anni), solo chi percorre molti chilometri riesce ad equilibrare il maggior costo di acquisto col risparmio di esercizio, la stessa conclusione a cui eravamo giunti quando abbiamo parlato di TCO.

Dunque il primo problema da superare è quello dell’elevato costo iniziale dei mezzi; ma non è l’unico, perché purtroppo è anche necessario costruire l’infrastruttura di ricarica fast per consentire rifornimenti fuori casa in tempi ragionevoli.

Anche sul costo di questa infrastruttura abbiamo fatto una valutazione, secondo la quale si deve prevedere a regime un investimento intorno ai 5-6 miliardi.

Immaginiamo ora che lo Stato decida di somministrare incentivi per incoraggiare l’acquisto di vetture elettriche: è dunque evidente che essi debbano abbattere il costo iniziale dei mezzi e possano essere finanziati dagli enormi risparmi nel costo di esercizio.

Una ipotesi

Tanto per concludere il ragionamento, supponiamo che venissero erogati €12.000 di incentivo all’acquisto, gravando contemporaneamente ogni auto elettrica di un “contributo infrastruttura” di €800 annui (i due interventi sono rappresentati dalle barrette gialle in questa versione aggiornata dell’infografica):

incentivi si

Questa re-distribuzione abbasserebbe il break-even ad un livello di poco superiore alla percorrenza media. Immaginando di erogarlo fino a che le immatricolazioni elettriche non raggiungano il 20% del totale (il che, secondo la curva a sigmoide che a suo tempo studiammo, potrebbe avvenire verso il 2030) il costo totale dell’incentivo sarebbe pari a 17 miliardi, contro 4 miliardi raccolti dal Contributo Infrastruttura.

Basterebbe mantenere in vita quest’ultimo per altri 6 anni (dunque fino al 2036) per recuperare sia il costo dell’incentivo che quello dell’infrastruttura (**).

Riflessioni da domenica d’inverno? Senz’altro: diciamo però che sarebbe bello essere sicuri che il problema della Mobilità Elettrica venga considerato nella suo completezza e con la prospettiva di lungo periodo che le dovrebbe essere propria.


(*) è stato qui usato uno dei casi illustrati in questo post: una vettura che percorre la media nazionale di 11.000 km altro, per il 60% in città e che ricarica a casa (senza avere impianto fotovoltaico) per il 75% del fabbisogno energetico

(**) È ovvio che questo calcolo non tiene conto del fatto che al crescere dei volumi di vendita, la concorrenza fra le Case abbasserebbe i prezzi delle EV, portandolo rapidamente ad avvicinarsi a quelli delle vetture ICE, rendendo l’incentivo superfluo ancor prima di quanto ipotizzato.


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